mercoledì 21 maggio 2014

L’INSEGNANTE CATTOLICO NELLA SCUOLA PUBBLICA - TESTIMONE DELLE BEATITUDINI

L’INSEGNANTE CATTOLICO NELLA SCUOLA PUBBLICA
TESTIMONE DELLE BEATITUDINI
                                                                                                                                                 Giovanni Perrone *
               Ha ancora senso parlare di presenza di insegnante cattolico nella scuola pubblica? Un educatore deve  essere “incolore”, insapore”, “inodore” per rispettare la diversità degli alunni e per evitare ogni forma di influenza?  Deve saper essere asettico istruttore o motivato educatore?
L’educazione non può essere neutra – ci ricorda papa Francesco. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla[1].  Come testimoniare la propria fede, nel rispetto dello specifico della finalità della scuola?  Che cosa significa per un cattolico operare in una scuola cosiddetta “laica”? ….. Queste ed altre domande danno oggi origine a molteplici dibattiti e provocano risposte sovente contrastanti. 
Nel mondo sono varie e spesso contrastanti le situazioni legate a fattori politici, culturali, religiosi.  Si va da forme esasperate di cosiddetta “laicità” delle istituzioni pubbliche a forme, anch’esse talvolta esasperate, di condizionamento o indottrinamento. Emergono realtà ove la laicità viene vissuta (e talora imposta) come avversità verso ogni espressione religiosa, privando  gli alunni di quelle conoscenze e di quegli apprendimenti necessari ad una adeguata lettura e comprensione della società in cui vive e del suo evolversi nel corso della storia o orientandoli verso il vuoto valoriale e culturale.
               Il problema non riguarda solo gli educatori cattolici che operano in istituzioni pubbliche, ma anche gli insegnanti cattolici che operano in istituzioni cattoliche, ove talora diviene sempre più numerosa la presenza di non cattolici. Sovente gli insegnanti cattolici che operano nelle scuole dello Stato (o in scuole non cattoliche)  si trovano soli, costretti a guardarsi bene dall’esternare la loro identità e le loro scelte valoriali. Le recenti cronache fanno emergere, in vari Paesi, situazioni di emarginazione o addirittura di allontanamento dall’insegnamento di docenti che, pur non facendo alcuna opera di proselitismo e pur essendo ritenuti professionisti responsabili e competenti, sono “messi alla porta” o subiscono “minacce”. Il recente XV rapporto annuale della Commissione sulla Libertà Religiosa Internazionale degli Stati Uniti (USCIFR) mette in luce molteplici situazioni, presenti in vari Paesi, di persecuzione e di oppressione che ostacolano la libertà religiosa. 
E’, purtroppo, notevole l’escalation di aggressioni, testimoniata dai dati spaventosi diffusi dall’Ocse e dalla Commissione episcopale dell’Unione europea (Comece). Secondo quest’ultima, i cristiani perseguitati nel mondo sarebbero circa 200milioni.  A proposito, il Sommo Pontefice ha più volte denunciato che i cristiani oggi sono i maggiormente perseguitati nel mondo.
 Gli educatori cattolici vittime di soprusi e violenze non sono pochi.  Negli stessi Paesi occidentali numerosi insegnanti cattolici che operano nelle scuole pubbliche si trovano ad essere vittime di diffidenza ed anche di azioni legali o repressive, talora con la scusa della cosiddetta laicità o religione o ateismo di Stato o per la pesante presenza di altre fedi religiose.   
Bisogna essere grati a tutti gli insegnanti che operano nelle varie parti del mondo. La loro presenza è stata ed è una grande e indispensabile risorsa per la società. Occorre dare pieno riconoscimento al loro servizio e sostenerli nella loro opera. Nel contempo, bisogna adoperarsi perché si garantisca ad ogni insegnante piena dignità, libertà di religione, libertà di educazione [2]. Non sempre è, infatti, facile per un insegnante cattolico testimoniare i valori in cui crede, pur nel pieno rispetto degli altri! Il nostro grato pensiero va a tutti gli educatori cattolici impegnati nello svolgimento del loro servizio in situazioni di disagio o di pericolo. E’ compito di tutta la comunità (locale ed internazionale) sostenerli nella loro opera e dare pieno riconoscimento, anche economico, alla benefica opera svolta da quanti operano nelle istituzioni scolastiche con vivo senso del dovere e con generoso e qualificato  impegno.
 L’educazione delle giovani generazioni è una cosa seria! Non può essere violentata dal più forte di turno! La presenza di buoni e responsabili insegnanti è necessaria per una buona educazione capace di porre le basi per un futuro migliore basato sul rispetto reciproco, sulla cooperazione, sulla piena promozione di ogni persona.
               L’Unione Mondiale degli Insegnanti Cattolici sovente si è interrogata a proposito, avendo come compito di essere punto di riferimento degli insegnanti cattolici in servizio sia nella scuola cattolica sia nella scuola pubblica.
              
Non intendo né posso essere esaustivo o dare ricette per i molteplici e variegati, ma anche complessi e talora difficili, contesti in cui l’insegnante cattolico è chiamato ad operare, essendo nel contempo un buon cattolico e un buon cittadino. Desidero condividere alcune riflessioni ed alcune possibili piste operative che potranno essere arricchite dal dibattito. Infatti, i repentini e forti cambiamenti del mondo e dei vari Paesi ci interrogano ed interpellano la responsabilità degli educatori cattolici a testimoniare “il bello, il buono e il vero[3] nelle realtà in cui operano, nel rispetto di ciascuna persona, di ciascuna istituzione, di ciascuna cultura. Siamo chiamati ad essere coraggiosi testimoni, visibili e credibili, di speranza ed operosi costruttori di un futuro migliore.

Educare: un servizio alla persona, alla società, alla Chiesa.          
I recenti discorsi del Santo Padre, gli ultimi due documenti della Congregazione per l’Educazione Cattolica[4], vari interventi delle Conferenze Episcopali nazionali, nel fare emergere le complesse problematiche dell’educare, manifestano la preoccupazione della comunità ecclesiale per taluni comportamenti talora  anche persecutori nei confronti degli insegnanti cattolici e suggeriscono delle piste operative, invitando tutti a prenderne coscienza e a saper coniugare prudenza, responsabilità, competenza, lungimiranza.
               Il documento conciliare “Gravissimum Educationis” (il prossimo anno ricorre il 50° anniversario della sua emanazione) sottolinea, sin dal Proemio, “l’estrema importanza dell’educazione nella vita dell’uomo e la sua incidenza sempre più grande nel progresso sociale contemporaneo”  e mette in risalto che “la vera educazione deve promuovere la formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo, sia per il bene dei vari gruppi di cui l’uomo è membro ed in cui, divenuto adulto, avrà mansioni da svolgere[5]. Si evidenziano due aspetti di cui ogni insegnante cattolico deve tener conto nel suo quotidiano operare: l’educazione integrale della persona e l’educazione del buon cittadino (cittadino del proprio Paese e del mondo).
               Il documento conciliare così continua: “Pertanto, i fanciulli ed i giovani, tenuto conto del progresso della psicologia e della didattica, debbono essere aiutati a sviluppare  armonicamente le loro capacità fisiche, morali e intellettuali, ad acquistare gradualmente un più maturo  senso di responsabilità, nello sforzo sostenuto per ben condurre la loro vita personale e la conquista della vera libertà, superando con coraggio e perseveranza tutti gli ostacoli …. Debbono, inoltre, essere avviati alla vita sociale, in modo che, forniti dei mezzi ad essa necessari ed adeguati, possano attivamente  inserirsi nei gruppi che costituiscono la comunità umana, siano disponibili al dialogo con gli altri e contribuiscano di buon grado all’incremento del bene comune …. Esorta i figli della Chiesa a lavorare generosamente in tutti i settori dell’educazione al fine specialmente di una più rapida estensione dei grandi benefici dell’educazione e dell’istruzione a tutti, nel mondo intero[6].

Il coraggio di testimoniare la Buona Novella, per un nuovo umanesimo
Ogni cattolico è chiamato a testimoniare, con coraggio, autenticità e spirito d’iniziativa la “buona novella”. “Andate e predicate!” è il pressante invito di Cristo. E’ una testimonianza che incarna i valori evangelici nel quotidiano, che promana dalla forte fede e dal fecondo operare di ogni docente in ogni ambiente. L’educatore cattolico è un “mandato”, ha una specifica missione da svolgere (in maniera congrua alle situazioni in cui è “chiamato” ad operare), con prudenza, con umiltà, con coerenza, con rispetto del contesto, delle famiglie, degli alunni, dei colleghi. Egli deve saper fare il possibile per essere “luce, sale, lievito”; privo di tiepidezza o arroganza ma ricco di saggezza e sapienza, nonché di spirito di servizio. Egli s’impegna a favorire la costruzione dell’uomo nuovo, mediante una responsabile e competenze “azione educativa che abbia al centro la piena maturazione della persona. “Questo umanesimo può essere definito attraverso i seguenti indicatori: il primato della persona accompagnato dal riconoscimento dell’autonomia dei soggetti – con la conseguenza intraecclesiale della promozione dell’attività dei laici come soggetti di diritto della Chiesa; il rilievo attribuito al principio dell’incarnazione che porta alla valorizzazione della storia e delle culture[7]. A tal fine, l’insegnante cattolico (in interazione coi colleghi e con la comunità scolastica) opera per promuovere e sostenere un valido contesto educativo. Infatti, “la scuola e l’università educano prima di tutto, attraverso il contesto di vita, il clima che gli studenti e i docenti creano nell’ambiente in cui si svolgono le attività diu istruzione e di apprendimento. Tale clima è intessuto dai valori non solo affermati, ma vissuti, dalla qualità delle relazioni interpersonali che legano  i docenti agli alunni e gli alunni tra loro, dalla cura che i professori pongono nei confronti dei bisogni degli studenti e delle esigenze della comunità locale, dalla limpida testimonianza di vita  e di positive relazioni offerta dagli insegnanti e da tutto il personale delle istituzioni educative”[8]. Naturalmente il contesto educativo e la qualità del servizio educativo offerto agli alunni e alle famiglie è orientato e supportato da un valido progetto educativo, radicato in quei valori che esaltano la dignità della persona (e, per un cristiano, nel messaggio evangelico). La viva presenza di uno o più insegnanti cattolici in una comunità scolastica è fondamentale perché tale progetto sia “ben fatto”, attuabile, attuato e verificato.
Lo sappiamo bene: l’insegnante cattolico, specialmente in talune realtà, opera in situazioni difficili e talora ostili. La beata Madre Teresa di Calcutta, con il suo generoso e fecondo impegno in ambienti non cattolici, ricordava che “i momenti difficili sono i più evangelici”. Bisogna lavorare per la pedagogia della pace …. Il cristiano è chiamato ad andare oltre tutte le forme di violenza e ad essere testimone di gentilezza, generosità e pace[9].
Perciò, l’insegnante cattolico è anzitutto uomo di relazione che educa alla relazione positiva: con se stesso, con gli altri, con il mondo, con Dio. Nella relazione egli trasmette tutto se stesso, con il proprio mondo, con i propri valori, con le proprie ricchezze, con le proprie povertà. E’ un uomo di coraggio che sa accettare le sfide dell’oggi. Il dialogo con Dio e con i fratelli, con la comunità ecclesiale, professionale e scolastica gli sono di aiuto. La pedagogia del Vangelo lo orienta verso congrue scelte di vita ed educative e gli fa percorrere sentieri di pace. Non è il professionista isolato ed autoreferente, ma quello che opera con tutti e a favore di tutti. Perciò, sa tessere legami positivi e percorrere, insieme agli altri colleghi, sentieri di operatività e di riflessività.


Le sfide educative, stimolo ad operare. L’associazionismo una risorsa
Varie sono le sfide dell’oggi. Sono sfide che non devono far paura, ma che esigono l’arte del discernere, la competenza nell’operare, la saggezza della riflessività, il nutrimento della Parola, l’aiuto del Signore e la cooperazione con i fratelli che condividono le stesse scelte. Il tal senso l’adesione ad associazioni professionali di educatori cattolici è quanto mai opportuna. Essa è, infatti, fecondo e operoso spazio di crescita umana, spirituale e professionale, ambiente di scambi professionali e di comune progettualità. Sarebbe auspicabile che in ogni nazione, con l’adeguato e significativo sostegno delle Conferenze Episcopali, sorgessero delle associazioni di dirigenti e docenti cattolici che operano sia nelle scuole cattoliche sia in altri tipi di scuola. Sarebbe un ottimo servizio per la comunità ecclesiale e per le stesse comunità scolastiche, nonché per ogni educatore. Il Decreto Conciliare “Apostolicam Actuositatem” evidenzia, infatti, la ricchezza, per la Chiesa, di varie forme “apostolato associato[10].

Un arcobaleno di culture
Una delle sfide prioritarie è la composizione multiculturale delle odierne società, bene evidenziata dal recente documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica “Educare al dialogo interculturale nella scuola – Vivere insieme per una civiltà dell’amore[11].  Il dirigente e/o l’insegnante cattolico è chiamato a promuovere il dialogo, a favorire la convivenza fra le diverse espressioni culturali, ad incoraggiare rapporti di reciproco rispetto, ad aiutare a superare pregiudizi, ad orientare perché venga messo in luce ciò che è “buono, bello e vero”, a creare occasioni di confronto che stimolino il reciproco arricchimento e l’armonia, a promuovere e sostenere progetti educativi che aiutino la comunità scolastica a realizzare idonei percorsi di dialogo interculturale. Ciò, naturalmente, senza abdicare alla propria identità.

L’educatore cattolico è l’uomo dell’ascolto e del discernimento. “Se vogliamo adottare un criterio opportuno dal quale lasciarci guidare per compiere un discernimento evangelico, dovremo coltivare due attenzioni tra loro complementari anche se, a prima vita , contrapposte. Di entrambe ci è testimone Gesù Cristo. La prima consiste nello sforzo di metterci in ascolto della cultura del nostro mondo, per discernere i semi del Verbo già presenti in essa, anche al di là dei confini della Chiesa. Ascoltare le attese più intime dei nostri contemporanei, prenderne sul serio desideri e ricerche, cercare di capire che cosa fa ardere i loro cuori e cosa invece suscita paura e diffidenza, è importante per poterci fare servi della loro gioia e della loro speranza. Non possiamo affatto escludere, inoltre, che i non credenti abbiano qualcosa da insegnarci riguardo alla comprensione della vita e che dunque, per vie inattese, il Signore possa in certi momenti farci sentire la sua voce attraverso di loro.  ….. Vi è un Dio ignoto che abita nei cuori degli uomini e che da essi è cercato![12]

Al servizio dei più deboli
L’insegnante cattolico nella comunità scolastica e nell’ambiente in cui vive ed opera ha particolare attenzione per i più deboli, per gli emarginati, per i “poveri”[13].  Di fronte alla precarietà in cui vive la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo, come pure di fronte alle fragilità spirituali e morali di tante persone, in particolare i giovani; di fronte alle migliaia di migranti che chiedono accoglienza ed asilo; di fronte alle molteplici vittime di violenza o  ai numerosi giovani intrappolati in percorsi di droga, alcool, gioco ….., come comunità cristiana e come singoli educatori, ci sentiamo interpellati ad essere  soggetti protagonisti e attivi nel vivere e testimoniare un servizio caratterizzato da gratuità e dono”, perché nessuno si senta escluso, perché alla logica della competitività si sostituisca la logica del servizio, della condivisione, della solidarietà[14].        
E’ questo un tema sul quale Papa Francesco insiste sovente. Lo scorso 9 maggio così diceva: ”Si tratta di sfidare tutte le forme d’ingiustizia, opponendosi all’economia dello scarto e alla cultura della morte[15]. Questa costante attenzione ai più deboli, ai fattori di emarginazione e di esclusione, matura la sensibilità dei singoli docenti e della comunità scolastica nei confronti di chi ha bisogno, favorisce la virtù della carità, stimola l’insegnante a farsi promotore d’iniziative di aiuto, di sostegno, di accompagnamento perché sia salvaguardata la dignità di ogni persona e ad ogni alunno sia garantito il pieno successo formativo.
A proposito, è opportuno rilevare che la disuguaglianza socioculturale esiste già prima di andare a scuola ed è solo parzialmente attutita dalla prescolarizzazione e la dispersione scolastica è un fenomeno molto diffuso[16]. Perciò rafforzare le competenze degli insegnanti e degli stessi dirigenti al fine di migliorare la qualità del servizio scolastico agli alunni con speciali bisogni educativi è oltremodo necessario.

Una comunità scolastica ove vige il ben-essere e si dà senso al quotidiano operare
Il clima affettivo-relazionale della classe e della scuola, una didattica di qualità, la scelta dei contenuti e dei percorsi d’insegnamento-apprendimento, la vita quotidiana della scuola, idonee forme organizzative, la gestione dei tempi e degli spazi, adeguate strategie [17], iniziative volte a prevenire e a superare ogni forma di disagio, la formazione permanente degli insegnanti e degli stessi dirigenti, la cooperazione tra i docenti e con le famiglie, nonché con la comunità locale,  stimolano la comunità scolastica ad essere luogo a misura degli alunni, accogliente, aperto a tutti, e di promozione culturale e sociale. Perciò, l’insegnante cattolico sa prendersi cura di se stesso, degli altri, dell’ambiente, di Dio. Prendersi cura, cioè sapersi fare carico, sostenere, cercare e donare il meglio, essere umile ma significativo punto di riferimento per gli alunni,  i colleghi, la comunità, le famiglie.
Il docente cattolico è promotore, sostenitore e testimone del bello, del buono e del vero. Egli, con la sua responsabile, intelligente, competente, operosa presenza nella classe e nella comunità scolastica, aiuta colleghi ed alunni a dar senso al loro progettare e al loro operare, ad interrogarsi ed orientarsi per i complessi sentieri della conoscenza e della vita[18].  Egli presta attenzione ad un uso corretto dei saperi disciplinari affinché  sia evitata ogni frammentazione, ogni strumentalizzazione, ogni sterile nozionismo e siano, invece, privilegiati percorsi interdisciplinari che favoriscano la continuità dell’apprendere, una dinamica interazione tra i saperi e tra i docenti per una promozione integrale di ogni persona nell’ottica di un apprendimento che duri tutta la vita e per una comunità scolastica accogliente,  vivace, significativa, aperta al mondo.
Le discipline, infatti (lo sappiamo bene), sono strumenti per indagare la realtà, per stabilire relazioni, per sviluppare poteri critici, per assumere comportamenti responsabili come persone e come cittadini. Papa Francesco ricorda ad ogni insegnante “che educare non è soltanto trasmettere conoscenze e contenuti. Esso implica altre dimensioni: trasmettere contenuti, abitudini e senso dei valori; le tre cose insieme[19]. Insegnare è, infatti, educare alla vita buona, educare alla gioia di vivere “per e con” gli altri, promuovere vera libertà e pienezza di vita.
Le dimensioni dello stupore[20], della contemplazione[21], dell’introspezione vanno coltivate sia dallo stesso insegnante sia dagli alunni. E’ necessario educare l’interiorità per evitare che l’educazione ceda alla logica del mercato e distrugga l’uomo. E’ questione di responsabilità nei confronti di se stessi e del mondo: “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”, diceva il santo papa Giovanni Paolo II.
              
L’insegnante cattolico, con il suo quotidiano impegno e la sua matura capacità di discernere, opera e vigila perché la scuola non ceda a logiche tecnocratiche ed economiche e a tentativi di strumentalizzazione, nel rispetto “degli studenti nella loro integralità, sviluppando una molteplicità di competenze che arricchiscono la persona umana, la creatività, l’immaginazione, la capacità di assumersi delle responsabilità, la capacità di amare il mondo, di coltivare la giustizia e la compassione. La proposta dell’educazione integrale, in una società che cambia così rapidamente, esige una riflessione continua capace di rinnovarla e di renderla sempre più ricca di qualità …. Non va mai dimenticato che gli alunni hanno bisogni specifici, spesso vivono situazioni difficili, e meritano un’attenzione pedagogica adeguata alle loro esigenze[22].
              
Etica ed utopia, memoria e discernimento
L’educatore cattolico è attento alla dimensione etica dell’insegnare. In una società sempre più multiculturale è necessario –senza tradire la propria identità e il personale radicamento nel messaggio evangelico- “costruire una nuova etica mondiale, condivisa da credenti e on credenti. Le priorità sono rappresentate dalla dignità di ogni persona, soggetto e non oggetto-merce nell’economia, nella scienza, nella democrazia; da uno sviluppo che unisca qualità sociale e sostenibilità ambientale da uno sviluppo che unisca qualità sociale e sostenibilità ambientale; dalla non violenza che, insieme alla giustizia, può realizzare un avvenire di pace”[23]. L’insegnante cattolico sa bene che ogni progetto educativo, ogni disciplina, ogni didattica, ogni relazione, ogni forma organizzativa ha una dimensione etica, che però “non è soltanto etica della giustizia o della sopravvivenza, ma un’etica del bene, dove per bene si intende la piena realizzazione di tutte le capacità dell’uomo, la sua fioritura completa, la sua pienezza (fulfilment). Ciò naturalmente implica una disponibilità alla trasformazione dell’esistente, un impegno politico a favore dell’emancipazione (non solo della conservazione), una certa dose di ottimismo ed anche di utopia (senza la quale non si fa la storia)”[24].
La buona gestione dell’utopia sta a cuore a papa Francesco. “saper gestire l’utopia, ossia saper guidare  e aiutare a crescere l’utopia di un giovane, è una ricchezza. Un giovane senza utopia è un vecchio precoce …. Un’utopia cresce bene se è accompagnata da memoria e discernimento. L’utopia guarda al futuro, la memoria guarda al passato, e il presente si discerne. Il giovane deve ricevere la memoria e piantare, radicare la sua utopia in quella memoria; discernere nel presente la sua utopia – i segni dei tempi – e allora l’utopia va avanti, ma radicata nella memoria e nella storia che ha ricevuto, e già proiettata verso il futuro. Allora l’emergenza educativa ha già un alveo per muoversi e partire da ciò che è più proprio dei giovani,  cioè l’utopia[25].
              
               Prendere iniziativa, per una cultura “piena”
La scuola è luogo di cultura, ove si apprende a comprendere se stessi e il mondo e si promuove la cittadinanza attiva, si percorrono sentieri di giustizia e pace, si acquisiscono buone abitudini e - guidati da buoni insegnanti- si maturano capacità progettuali, operative, riflessive  e cooperative. Perciò la scuola lotta ogni forma di analfabetismo.  Purtroppo, sovente con la scusa della”laicità”, molti ragazzi crescono analfabeti dal punto di vista religioso.  Il recente Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia e nell’Occidente evidenzia, drammaticamente, un grave vuoto non solo religioso ma anche culturale. I cattolici sono chiamati a “primerear” (uso un neologismo di provenienza spagnola, utilizzato da papa Francesco), cioè ad assumere l’iniziativa.  In quali direzioni va presa questa iniziativa? Il Rapporto ne individua tre: l’ambito scolastico, quello della produzione legislativa sulla libertà religiosa e l'ambito della ricerca universitaria che attiene alle "scienze religiose". [26] Non è problema di catechesi o di pratiche religiose da vivere in contesti scolastici, ma di cultura religiosa [27] che  (interagendo con gli altri ambiti del sapere scolastico) aiuta a leggere e comprendere i fatti e i fenomeni religiosi (in particolare dell’ambiente in cui si vive) e a non cadere vittima di pregiudizi, di stereotipi, di varie forme di integralismo, favorendo il dialogo interreligioso e la cooperazione al fine della pacifica convivenza e della promozione del bene comune [28]. In questo senso l’opera degli insegnanti cattolici nei confronti degli alunni, della comunità scolastica e delle stesse famiglie è molto opportuna.[29]
               L’insegnante cattolico è promotore di dialogo, di coraggio, di passione educativa; esercita l’arte dell’orientamento, della comprensione, della collaborazione, della pacificazione, dell’incoraggiamento, della valorizzazione. E’ persona di misericordia e di lungimiranza. Testimonia la sua apertura al mondo[30], la sua coerenza, il suo spirito di servizio, il suo impegno per la formazione continua. Non intendo riferirmi solo agli insegnanti, ma anche ai dirigenti scolastici. Le ricerche internazionali evidenziano che l’opera di questi ultimi risulta fondamentale per la promozione di comunità scolastiche significative, per l’attuazione di adeguati percorsi di formazione continua, per l’orientamento, l’accompagnamento e  il sostegno al quotidiano impegno dei docenti.
Nel contempo risulta benefica una vivace presenza delle comunità ecclesiali a fianco dei docenti cattolici delle scuole del territorio, nonché la presenza di associazioni professionali di docenti e dirigenti cattolici e la loro interazione con le istituzioni scolastiche.

Animare l’educazione familiare
Nell’attuale contesto educativo, in cui le famiglie sono fragili e variegate, con legami talora deboli e conflittuali che disturbano la crescita dei figli, l’opera dell’insegnante risulta molto utile. Egli può promuovere percorsi d’interazione con le famiglie e svolgere il ruolo di insegnante-animatore di educazione familiare. Non è il maestro dei genitori, ma persona che condivide un cammino. A tal fine è opportuno che  l’insegnante maturi “capacità riflessive e consapevolezza di sé  pari al quelle delle altre figure professionali che operano nei contesti educativi; nonché una forte motivazione a mettersi in gioco individualmente e nelle relazioni con il resto del gruppo con il quale condivide la formazione. Questo passo risulta decisivo per chiedere ai genitori di fare altrettanto a scuola. Come può, infatti, un docente farsi promotore di un percorso di sostegno alla genitorialità senza essersi prima interrogato sulla propria idea di famiglia, sui propri valori, sulle proprie pratiche educative?”[31]
              
Una formazione permanente, che sa rigenerarsi per essere feconda
L’insegnante cattolico, anche se opera nella scuola non “cattolica”, è persona in cammino che opera in comunità. Perciò è attento alla sua continua formazione: è un diritto ma anche un dovere. Infatti, per vivere degnamente il suo ruolo sono necessarie alcune competenze ed attitudini da coltivare nella quotidianità. Il Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, S. E. il card. Grocholewsky, li sintetizza in: intelligenza pedagogica (comprensione della realtà, delle potenzialità dell’alunno …); coscienza pedagogica (connotazione etica della sua professione, deontologia professionale …); vocazione specifica (vivere in armonia con la professionalità); coerenza (fede, speranza, carità); comunione (relazionalità positiva); dialogo. “L‘educatore cattolico è colui che realizza la sua missione, vivendola nella fede e come vocazione. La fede dà forza ai valori in cui crede e favorisce la formazione integrale della persona, mediante il dialogo e la testimonianza, lasciando intatta e rafforzando la libertà dell’educando e dell’educatore[32]. Il recente documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica mette in risalto l’indispensabilità della continua formazione degli insegnanti. Così, infatti, recita:” Nel contesto culturale odierno, la formazione degli insegnanti è determinante e richiede un rigore e un approfondimento, senza i quali il loro insegnamento sarebbe considerato poco credibile, poco affidabile e pertanto non necessario. Tale formazione è urgente[33]. L’insegnante cattolico, ovunque egli operi, deve sentire questa esigenza e – ove è opportuno- deve sapersi fare promotore di iniziative volte a rafforzare la professionalità dei colleghi e a sollecitare la comunità scolastica. Nel contempo, la comunità ecclesiale, in collaborazione con le associazioni professionali (il cui specifico scopo è l’essere luogo privilegiato di formazione continua e di confronto per dirigenti e docenti), deve incoraggiare e sostenere adeguati percorsi formativi per i docenti, al fine di favorire la maturazione umana, spirituale, professionale.

Un educatore guidato dallo Spirito
               L’insegnante cattolico, pur se opera in realtà ostili e sperimenta la solitudine, sa di non essere solo. Il Signore lo orienta, accompagna e sostiene[34]. Sa interagire con gli altri per condividere percorsi adeguati al servizio educativo che è chiamato a svolgere, apporta il suo generoso e qualificato contributo alla comunità ecclesiale, sociale, scolastica e alla stessa vitalità dell’associazione professionale. E’ persona intelligente ed operosa:  "Non si tratta qui dell'intelligenza umana, della capacità intellettuale di cui possiamo essere più o meno dotati. - ha spiegato - È invece una grazia che solo lo Spirito Santo può infondere e che suscita nel cristiano la capacità di andare al di là dell'aspetto esterno della realtà e scrutare le profondità del pensiero di Dio e del suo disegno di salvezza"[35].
               La fede aiuta ogni educatore cattolico a vivere il suo servizio educativo  - ovunque egli opera-  esercitando le virtù della speranza e della carità. “La fede è –infatti- luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro io isolato verso l’ampiezza della comunione[36].
Perciò, sa essere testimone di gioia [37] e vivere la gioia dell’appartenenza cristiana.
 Mi piace definirlo “testimone delle beatitudini evangeliche[38], le beatitudini vissute e testimoniate nella quotidianità del servizio scolastico svolto con e per gli altri.


 *Giovanni Perrone
Segretario Generale UMEC – WUCT
Dirigente scolastico in scuola statale
Dirigente AIMC – Associazione Italiana Maestri Cattolici Italiana




[1] Papa Francesco alla scuola italiana. Roma, 10 maggio 2014
[2] Cfr. Dichiarazione Universale Diritti dell’Uomo
[3]La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, il senso del bene e il senso del bello. E questo avviene attraverso un cammino ricco, fatto di tanti “ingredienti”. Ecco perché ci sono tante discipline! Perché lo sviluppo è frutto di diversi elementi che agiscono insieme e stimolano l’intelligenza, la coscienza, l’affettività, il corpo, eccetera”. Papa Francesco alla scuola italiana, Roma, 10 maggio 2014.
[4] Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica (2013); Educare oggi e domani, Una passione che si rinnova (2014)
[5] Gravissimum Educationis, 1
[6] Gravissimum Educationis, 1
[7] Gilles Routhier, Convegno “Tra il sacro e la cultura”, Università Cattolica, Milano, maggio 2014, in Avvenire, 14.05.2014
[8] Congregazione per l’Educazione Cattolica, Educare oggi e domani, II,1, 2014
[9] Intervento del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, nel corso del seminario sul dialogo interreligioso Religione e violenza, Petra University di Amman, Giordania, 13 maggio 2014
[10] “ I fedeli esercitino il loro apostolato accordandosi su uno stesso fine … L’apostolato associato è di grande importanza perché … richiede di essere esercitato con azione comune … Nelle attuali circostanze, poi, è assolutamente necessario che nell’ambiente di lavoro dei laici sia rafforzata la forma di apostolato associata ed organizzata, poiché solo la stretta unione  delle forze è in grado di raggiungere pienamente tutte le finalità dell’apostolato odierno e di difenderne validamente i frutti … Le organizzazioni internazionali cattoliche raggiungono meglio il proprio fine se le associazioni che ne fanno parte e i loro membri sono più intimamente uniti ad esse …. Il sacro Concilio raccomanda vivamente queste istituzioni … E’ per essa (la Chiesa) di grande gioia veder crescere sempre più il numero dei laici che offrono il proprio servizio alle associazioni e alle opere di apostolato, sia nella propria nazione sia in campo internazionale”. Apostolicam Actuositatem, 18-22
[11] “La composizione multiculturale delle odierne società, favorita dalla globalizzazione, è divenuta un dato di fatto. La presenza simultanea di culture diverse rappresenta una grande risorsa quando l’incontro tra differenti culture viene vissuto come fonte di reciproco arricchimento. Può anche costituire un problema rilevante, quando la multiculturalità viene vissuta come minaccia alla coesione sociale, alla salvaguardia e all’esercizio dei diritti dei singoli o dei gruppi. Non è facile la realizzazione di un rapporto equilibrato e pacifico tra culture preesistenti e nuove culture, spesso caratterizzate da usi e costumi che sono in contrasto. …. L’educazione si trova ad essere impegnata in una sfida centrale per il futuro: rendere possibile la convivenza fra la diversità delle espressioni culturali[11] e promuovere un dialogo che favorisca una società pacifica. Tale itinerario passa attraverso alcune tappe che portano a scoprire la multiculturalità nel proprio contesto di vita, a superare i pregiudizi vivendo e lavorando insieme, ad educarsi “attraverso l’altro” alla mondialità ed alla cittadinanza. Promuovere l’incontro tra diversi, aiuta a comprendersi reciprocamente, ma non deve far abdicare alla propria identità. …. E’ grande la responsabilità delle scuole, che sono chiamate a sviluppare nei loro progetti educativi la dimensione del dialogo interculturale. Si tratta di un obbiettivo arduo, difficile da raggiungere, ma necessario. L’educazione, per sua natura, richiede apertura alle altre culture – senza la perdita della propria identità – e accoglienza dell’altro, per evitare il rischio di una cultura chiusa in se stessa e limitata. Da “Educare al dialogo interculturale …”, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2013
[12]Comunicare il vangelo in un mondo che cambia”, Orientamenti pastorali dell’Episcopato Italiano per il primo decennio del Duemila, 2002, n.34
[13] “Dalla nostra fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai povero e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società. Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siano docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo”. Evangelii Gaudium, 186-187.
[14] Cfr. Evangelii Gaudium, 53
[15] Discorso del Santo Padre ai Membri del Consiglio dei Capi Esecutivi per il Coordinamento delle Nazioni Unite, Roma, 9 maggio 2014
[16] Le indagini longitudinali come, ad esempio, l’inglese Millennium Cohort Study dimostrano che la disuguaglianza  socioculturale è già pronunciata a tre anni e permane e si ritrova negli stessi bambini di cinque anni.  …. Lo studio dell’OCSE evidenzia che siamo ancora ben lontani dal far sì che tutti gli studenti poveri conseguano risultati pari alla media dei punteggi degli studenti provenienti da ceti abbienti. … I sistemi scolastici vigenti sovente risultano segreganti. Cfr. Norberto Bottani, Requiem per la scuola, ed. Mulino, Bologna, 2013.
[17] A proposito di tempi e ritmi scolari è interessante il recente provvedimento ministeriale della Francia (in attuazione dall’autunno 2014) volto a migliorare l’apprendimento e il pieno successo di tutti gli alunni. Esso prevede una riorganizzazione dell’orario scolastico, la programmazione di attività didattiche, di forme organizzative e dei tempi adeguati agli alunni, in particolare a quelli in difficoltà. “Pone gli interessi dell’alunno al centro dell’azione educativa, privilegiando quattro aspetti: la riduzione delle diseguaglianze, la ricerca del ben-essere a scuola, lo sviluppo di uno spirito di cooperazione” (Cfr. “Rytmes scolaires, garder le Cap”, Documento SGES – Enseignement Catholique, France) ; www.education.gouv.fr/rytmes-scolaires
[18] “Vogliamo prendere coscienza, insieme a tutti gli educatori, di alcuni aspetti problematici della cultura contemporanea – come la tendenza a ridurre il belo all’utile, la verità a razionalità empirica, la bellezza a godimento effimero – cercando e riconoscendo anche le domande inespresse e le potenzialità nascoste, e di far leva sulle risorse offerte dalla cultura stessa ….. Un’autentica educazione deve essere in grado di parlare al bisogno di significato e di felicità delle persone …. Siamo nel mondo con la consapevolezza di essere portatori di una visione della persona che, esaltando la verità, la bontà e la bellezza, è davvero alternativa al senso comune”.  Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti pastorali dell’Episcopato Italiano per il decennio 2010-2020, 7-8.
[19] Discorso del Santo Padre Francesco ai Membri della Pontificia Commissione per l’America Latina, 28 febbraio 2014.
[20] “Educare allo stupore è anche educare al giusto distacco, ad uno sguardo capace di cogliere l'intero orizzonte umano e quindi di provare  la più bella e profonda emozione che è il senso del mistero: sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza”. Einstein
[21]L'azione vera è solo quella che nasce dalla contemplazione. E la vera contemplazione porta necessariamente all'azione. Un momento chiama l'altro. Come la causa si rivela nell'effetto. Come l'amore richiama l'amore. Vivere con l'animo del contemplativo nel tramestio di una metropoli. Ecco l'ideale del cristiano, a cui corrisponde costantemente un bisogno sempre crescente: passare dal dinamismo dell'azione alla luce della contemplazione”. J. Maritain, Azione e contemplazione, ed. Borla
[22] Educare oggi e domani, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2014, 1 e
[23] Vannino Chiti, Tra terra e cielo. Credenti e non credenti nella società globale, Giunti Editore, 2014
[24] E.Berti, L’etica ha bisogno di un po’ di utopia, in Avvenire, 6 maggio 2014
[25] Discorso del Santo Padre Francesco ai Membri della Pontificia Commissione per l’America Latina, 28 febbraio 2014.
[26] “Si può, infatti, convenire con quanto si afferma in uno dei contributi del Rapporto stesso, e cioè sul fatto che il contesto in cui la questione dell’analfabetismo religioso va inserita è «la dissociazione tra elementi culturali e [elementi] religiosi e la conseguente difficoltà ad apprendere e comprendere i secondi all’interno dell’orizzonte segnato dai primi». Una dinamica che, come altri contributi presenti nel Rapporto confermano, corrisponde costantemente un bisogno sempre crescente: passare dal dinamismo dell'azione alla luce della contemplazione”. J. Maritain, Azione e contemplazione, ed. Borla
[26] Educare oggi e domani, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2014, 1 e
[26] E.Berti, L’etica ha bisogno di un po’ di utopia, in Avvenire, 6 maggio 2014
[26] Discorso del Santo Padre Francesco ai Membri della Pontificia Commissione per l’America Latina, 28 febbraio 2014.
[26] “Si può, infatti, convenire con quanto si afferma in uno dei contributi del Rapporto stesso, e cioè sul fatto che il contesto in cui la questione dell’analfabetismo religioso va inserita è «la dissociazione tra elementi culturali e [elementi] religiosi e la conseguente difficoltà ad apprendere e comprendere i secondi all’interno dell’orizzonte segnato dai primi». Una dinamica che, come altri contributi presenti nel Rapporto confermano, appartiene dunque ai processi secolarizzanti che hanno attraversato l’intero Occidente, e che, in una conferenza italiana di un paio di anni fa, il prof. Gilles Routhier definiva appunto come l’incapacità delle Chiese (delle religioni) di reagire con pertinenza all’emergere di nuove culture. Una prospettiva, questa, che, coerentemente con quella evocata dal Rapporto, indica nelle Chiese (nelle religioni) le attrici, e non solo le vittime, tanto del diffondersi dell’analfabetismo religioso, quanto del suo contrasto”.
 Mons. Nunzio Galantino Vescovo di Cassano all'Jonio e Segretario generale della CEI. Presentazione del Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia.
[27] “Perché i ragazzi debbono sapere tutto degli dei, di Omero e pochissimo di Mosè? Perché devono conoscere la Divina Commedia e non il Cantico dei Cantici? Insomma è legittimo e fecondo affermare che la Bibbia ha il diritto di porsi come codice culturale…” Umberto Eco
[28] Jeremy Rifkin parla di “beni comuni collaborativi”.
[29] Esemplare ci sembra l’esperienza delle scuole multietniche denominate SCUOLE PER L’EUROPA, promossa dalla Chiesa cattolica di Bosnia Erzegovina. Queste scuole sono dislocate nelle principali città bosniache e attualmente ospitano 5000 ragazzi delle diverse etnie e religioni e rappresentano la volontà di promuovere la convivenza e l’educazione ai valori della pace in una terra che per effetto della propaganda sulla intolleranza etnica ha registrato nel corso di 3 anni di guerra la morte di 278.000 persone e la cacciata dal paese di quasi un terzo della popolazione. 
[30] Gli insegnanti sono i primi che devono rimanere aperti alla realtà, con la mente sempre aperta a imparare! Perché se un insegnante non è aperto a imparare, non è un buon insegnante, e non è nemmeno interessante; i ragazzi capiscono, hanno “fiuto”, e sono attratti dai professori che hanno un pensiero aperto, “incompiuto”, che cercano un “di più”, e così contagiano questo atteggiamento agli studenti. Questo è uno dei motivi perché io amo la scuola”. Papa Francesco, Incontro con la scuola italiana, Roma, 10 maggio 2014
[31] Antonio Bellingreri, La cura genitoriale. Un sussidio per le scuole dei genitori, ed. Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2012
[32] Card. Zenon Grocholewski, Il ruolo dell’educatore, Intervento alla Congresso Mondiale UMEC, Roma, 158 ottobre 2008.
[33] “Educare oggi e domani, Una passione che si rinnova”, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2014, 1j
[34] Papa Francesco, Udienza Generale, 7 maggio 2014: Il libro  dei Salmi dice: «Il Signore mi ha dato consiglio, anche di notte il mio cuore mi istruisce» (Sal 16, 7). E questo è un altro dono dello Spirito Santo: il dono del consiglio. Sappiamo quanto è importante, nei momenti più delicati, poter contare sui suggerimenti di persone sagge e che ci vogliono bene. Ora, attraverso il dono del consiglio, è Dio stesso, con il suo Spirito, a illuminare il nostro cuore, così da farci comprendere il modo giusto di parlare e di comportarsi e la via da seguire. … Il consiglio è il dono con cui lo Spirito Santo rende capace la nostra coscienza di fare una scelta concreta in comunione con Dio, secondo la logica di Gesù e del suo Vangelo. In questo modo, lo Spirito ci fa crescere interiormente, ci fa crescere positivamente, ci fa crescere nella comunità e ci aiuta a non cadere in balia dell’egoismo e del proprio modo di vedere le cose. …… È lo Spirito che ci consiglia, ma noi dobbiamo dare spazio allo Spirito, perché ci possa consigliare. E dare spazio è pregare, pregare perché Lui venga e ci aiuti sempre …. . Come tutti gli altri doni dello Spirito, poi, anche il consiglio costituisce un tesoro per tutta la comunità cristiana. Il Signore non ci parla soltanto nell’intimità del cuore, ci parla sì, ma non soltanto lì, ma ci parla anche attraverso la voce e la testimonianza dei fratelli. È davvero un dono grande poter incontrare degli uomini e delle donne di fede che, soprattutto nei passaggi più complicati e importanti della nostra vita, ci aiutano a fare luce nel nostro cuore a riconoscere la volontà del Signore!
[35] Papa Francesco, Udienza Generale, 30 aprile 2014
[36] Enciclica di S.S. Papa Francesco, Lumen Fidei.
[37] “ E infine gioire. (...) Essere persone che cantano la vita, che cantano la fede. (...) Dire la fede, vivere la fede con gioia, e questo si chiama 'cantare la fede'. E questo non lo dico io! Questo l’ha detto 1600 anni fa sant'Agostino: 'cantare la fede'! Persone capaci di riconoscere i propri talenti e i propri limiti, che sanno vedere nelle proprie giornate, anche in quelle più buie, i segni della presenza del Signore. Gioire perché il Signore vi ha chiamato ad essere corresponsabili della missione della sua Chiesa. Gioire perché in questo cammino non siete soli: c'è il Signore che vi accompagna, ci sono i vostri vescovi e sacerdoti che vi sostengono, ci sono le vostre comunità parrocchiali, le vostre comunità diocesane con cui condividere il cammino. Non siete soli!". Papa Francesco all’Azione Cattolica Italiana, 3 maggio 2014
[38] “La Chiesa è il popolo delle beatitudini, la casa dei poveri, degli esclusi e dei perseguitati, di coloro che hanno fame e sete di giustizia … La fraternità e la solidarietà universale sono connaturati alla sua vita e alla sua missione nel mondo e per il mondo”. Papa Francesco alle Pontificie Opere Missionarie, Roma, 9 maggio 2014 

Nessun commento:

Posta un commento