L’INSEGNANTE CATTOLICO NELLA SCUOLA PUBBLICA
TESTIMONE DELLE BEATITUDINI
Giovanni Perrone *
Ha ancora senso parlare
di presenza di insegnante cattolico nella scuola pubblica? Un educatore deve essere “incolore”, insapore”, “inodore” per
rispettare la diversità degli alunni e per evitare ogni forma di influenza? Deve saper essere asettico istruttore o
motivato educatore?
“L’educazione non può essere neutra – ci ricorda papa Francesco. O
è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona
o la deprime, persino può corromperla”[1]. Come testimoniare la propria fede, nel
rispetto dello specifico della finalità della scuola? Che cosa significa per un cattolico operare in
una scuola cosiddetta “laica”? ….. Queste ed altre domande danno oggi origine a
molteplici dibattiti e provocano risposte sovente contrastanti.
Nel mondo sono varie e spesso contrastanti le
situazioni legate a fattori politici, culturali, religiosi. Si va da forme esasperate di cosiddetta “laicità”
delle istituzioni pubbliche a forme, anch’esse talvolta esasperate, di
condizionamento o indottrinamento. Emergono realtà ove la laicità viene vissuta
(e talora imposta) come avversità verso ogni espressione religiosa, privando gli alunni di quelle conoscenze e di quegli
apprendimenti necessari ad una adeguata lettura e comprensione della società in
cui vive e del suo evolversi nel corso della storia o orientandoli verso il
vuoto valoriale e culturale.
Il problema non
riguarda solo gli educatori cattolici che operano in istituzioni pubbliche, ma
anche gli insegnanti cattolici che operano in istituzioni cattoliche, ove
talora diviene sempre più numerosa la presenza di non cattolici. Sovente gli
insegnanti cattolici che operano nelle scuole dello Stato (o in scuole non
cattoliche) si trovano soli, costretti a
guardarsi bene dall’esternare la loro identità e le loro scelte valoriali. Le
recenti cronache fanno emergere, in vari Paesi, situazioni di emarginazione o
addirittura di allontanamento dall’insegnamento di docenti che, pur non facendo
alcuna opera di proselitismo e pur essendo ritenuti professionisti responsabili
e competenti, sono “messi alla porta” o subiscono “minacce”. Il recente XV
rapporto annuale della Commissione sulla Libertà Religiosa Internazionale degli
Stati Uniti (USCIFR) mette in luce molteplici situazioni, presenti in vari
Paesi, di persecuzione e di oppressione che ostacolano la libertà religiosa.
E’, purtroppo, notevole l’escalation di
aggressioni, testimoniata dai dati spaventosi diffusi dall’Ocse e dalla
Commissione episcopale dell’Unione europea (Comece). Secondo quest’ultima, i
cristiani perseguitati nel mondo sarebbero circa 200milioni. A proposito, il Sommo Pontefice ha più volte denunciato
che i cristiani oggi sono i maggiormente perseguitati nel mondo.
Gli
educatori cattolici vittime di soprusi e violenze non sono pochi. Negli stessi Paesi occidentali numerosi
insegnanti cattolici che operano nelle scuole pubbliche si trovano ad essere
vittime di diffidenza ed anche di azioni legali o repressive, talora con la
scusa della cosiddetta laicità o religione o ateismo di Stato o per la pesante
presenza di altre fedi religiose.
Bisogna essere grati a tutti gli insegnanti che
operano nelle varie parti del mondo. La loro presenza è stata ed è una grande e
indispensabile risorsa per la società. Occorre dare pieno riconoscimento al
loro servizio e sostenerli nella loro opera. Nel contempo, bisogna adoperarsi
perché si garantisca ad ogni insegnante piena dignità, libertà di religione,
libertà di educazione [2]. Non sempre è, infatti, facile
per un insegnante cattolico testimoniare i valori in cui crede, pur nel pieno rispetto
degli altri! Il nostro grato pensiero va a tutti gli educatori cattolici
impegnati nello svolgimento del loro servizio in situazioni di disagio o di
pericolo. E’ compito di tutta la comunità (locale ed internazionale) sostenerli
nella loro opera e dare pieno riconoscimento, anche economico, alla benefica
opera svolta da quanti operano nelle istituzioni scolastiche con vivo senso del
dovere e con generoso e qualificato
impegno.
L’educazione
delle giovani generazioni è una cosa seria! Non può essere violentata dal più
forte di turno! La presenza di buoni e responsabili insegnanti è necessaria per
una buona educazione capace di porre le basi per un futuro migliore basato sul
rispetto reciproco, sulla cooperazione, sulla piena promozione di ogni persona.
L’Unione Mondiale
degli Insegnanti Cattolici sovente si è interrogata a proposito, avendo come
compito di essere punto di riferimento degli insegnanti cattolici in servizio
sia nella scuola cattolica sia nella scuola pubblica.
Non intendo né posso essere esaustivo o dare
ricette per i molteplici e variegati, ma anche complessi e talora difficili,
contesti in cui l’insegnante cattolico è chiamato ad operare, essendo nel
contempo un buon cattolico e un buon cittadino. Desidero condividere alcune
riflessioni ed alcune possibili piste operative che potranno essere arricchite
dal dibattito. Infatti, i repentini e forti cambiamenti del mondo e dei vari
Paesi ci interrogano ed interpellano la responsabilità degli educatori
cattolici a testimoniare “il bello, il
buono e il vero”[3] nelle realtà in cui
operano, nel rispetto di ciascuna persona, di ciascuna istituzione, di ciascuna
cultura. Siamo chiamati ad essere coraggiosi testimoni, visibili e credibili,
di speranza ed operosi costruttori di un futuro migliore.
Educare: un
servizio alla persona, alla società, alla Chiesa.
I recenti discorsi del Santo Padre, gli ultimi due
documenti della Congregazione per l’Educazione Cattolica[4], vari interventi delle
Conferenze Episcopali nazionali, nel fare emergere le complesse problematiche
dell’educare, manifestano la preoccupazione della comunità ecclesiale per
taluni comportamenti talora anche persecutori
nei confronti degli insegnanti cattolici e suggeriscono delle piste operative,
invitando tutti a prenderne coscienza e a saper coniugare prudenza, responsabilità,
competenza, lungimiranza.
Il documento
conciliare “Gravissimum Educationis” (il prossimo anno ricorre il 50°
anniversario della sua emanazione) sottolinea, sin dal Proemio, “l’estrema importanza dell’educazione nella
vita dell’uomo e la sua incidenza sempre più grande nel progresso sociale
contemporaneo” e mette in risalto
che “la vera educazione deve promuovere
la formazione della persona umana
sia in vista del suo fine ultimo, sia per il bene dei vari gruppi di cui l’uomo
è membro ed in cui, divenuto adulto, avrà mansioni da svolgere”[5]. Si evidenziano due
aspetti di cui ogni insegnante cattolico deve tener conto nel suo quotidiano
operare: l’educazione integrale della persona
e l’educazione del buon cittadino (cittadino del proprio Paese e del
mondo).
Il documento
conciliare così continua: “Pertanto, i
fanciulli ed i giovani, tenuto conto del progresso della psicologia e della
didattica, debbono essere aiutati a sviluppare
armonicamente le loro capacità fisiche, morali e intellettuali, ad
acquistare gradualmente un più maturo senso di responsabilità,
nello sforzo sostenuto per ben condurre la loro vita personale e la conquista
della vera libertà, superando con coraggio e perseveranza tutti gli ostacoli
…. Debbono, inoltre, essere avviati alla vita
sociale, in modo che, forniti dei mezzi ad essa necessari ed adeguati,
possano attivamente inserirsi nei gruppi
che costituiscono la comunità umana,
siano disponibili al dialogo con gli
altri e contribuiscano di buon grado all’incremento del bene comune …. Esorta i figli della Chiesa a lavorare generosamente
in tutti i settori dell’educazione al fine specialmente di una più rapida
estensione dei grandi benefici dell’educazione
e dell’istruzione a tutti, nel mondo intero” [6].
Il
coraggio di testimoniare la Buona Novella, per un nuovo umanesimo
Ogni cattolico è chiamato a testimoniare, con
coraggio, autenticità e spirito d’iniziativa la “buona novella”. “Andate e predicate!” è il pressante
invito di Cristo. E’ una testimonianza che incarna i valori evangelici nel
quotidiano, che promana dalla forte fede e dal fecondo operare di ogni docente
in ogni ambiente. L’educatore cattolico è un “mandato”, ha una specifica
missione da svolgere (in maniera congrua alle situazioni in cui è “chiamato” ad
operare), con prudenza, con umiltà, con coerenza, con rispetto del contesto,
delle famiglie, degli alunni, dei colleghi. Egli deve saper fare il possibile
per essere “luce, sale, lievito”; privo di tiepidezza o arroganza ma ricco
di saggezza e sapienza, nonché di spirito di servizio.
Egli s’impegna a favorire la costruzione dell’uomo nuovo, mediante una responsabile e competenze “azione
educativa che abbia al centro la piena maturazione della persona. “Questo umanesimo può essere definito
attraverso i seguenti indicatori: il primato della persona accompagnato dal
riconoscimento dell’autonomia dei soggetti – con la conseguenza intraecclesiale
della promozione dell’attività dei laici come soggetti di diritto della Chiesa;
il rilievo attribuito al principio dell’incarnazione che porta alla
valorizzazione della storia e delle culture[7].
A tal fine, l’insegnante cattolico (in interazione coi colleghi e con la
comunità scolastica) opera per promuovere e sostenere un valido contesto educativo.
Infatti, “la scuola e l’università educano prima di tutto, attraverso il
contesto di vita, il clima che gli studenti e i docenti creano nell’ambiente in
cui si svolgono le attività diu istruzione e di apprendimento. Tale clima è
intessuto dai valori non solo affermati, ma vissuti, dalla qualità delle
relazioni interpersonali che legano i
docenti agli alunni e gli alunni tra loro, dalla cura che i professori pongono
nei confronti dei bisogni degli studenti e delle esigenze della comunità
locale, dalla limpida testimonianza di vita
e di positive relazioni offerta dagli insegnanti e da tutto il personale
delle istituzioni educative”[8]. Naturalmente il contesto
educativo e la qualità del servizio educativo offerto agli alunni e alle
famiglie è orientato e supportato da un valido progetto educativo, radicato in
quei valori che esaltano la dignità della persona (e, per un cristiano, nel
messaggio evangelico). La viva presenza di uno o più insegnanti cattolici in
una comunità scolastica è fondamentale perché tale progetto sia “ben fatto”,
attuabile, attuato e verificato.
Lo sappiamo bene: l’insegnante cattolico,
specialmente in talune realtà, opera in situazioni difficili e talora ostili.
La beata Madre Teresa di Calcutta, con il suo generoso e fecondo impegno in
ambienti non cattolici, ricordava che “i
momenti difficili sono i più evangelici”. “Bisogna lavorare per la pedagogia della pace
…. Il cristiano è chiamato ad andare oltre tutte le forme di violenza e ad
essere testimone di gentilezza, generosità e pace”[9].
Perciò, l’insegnante cattolico è anzitutto uomo di relazione che educa alla
relazione positiva: con se stesso, con gli altri, con il mondo, con Dio. Nella
relazione egli trasmette tutto se stesso, con il proprio mondo, con i propri
valori, con le proprie ricchezze, con le proprie povertà. E’ un uomo di
coraggio che sa accettare le sfide dell’oggi. Il dialogo con Dio e con i
fratelli, con la comunità ecclesiale, professionale e scolastica gli sono di
aiuto. La pedagogia del Vangelo lo orienta verso congrue scelte di vita ed
educative e gli fa percorrere sentieri di pace. Non è il professionista isolato
ed autoreferente, ma quello che opera con tutti e a favore di tutti. Perciò, sa
tessere legami positivi e percorrere, insieme agli altri colleghi, sentieri di
operatività e di riflessività.
Le sfide
educative, stimolo ad operare. L’associazionismo una risorsa
Varie sono le sfide dell’oggi. Sono sfide che non devono
far paura, ma che esigono l’arte del discernere, la competenza nell’operare, la
saggezza della riflessività, il nutrimento della Parola, l’aiuto del Signore e
la cooperazione con i fratelli che condividono le stesse scelte. Il tal senso
l’adesione ad associazioni professionali
di educatori cattolici è quanto mai opportuna. Essa è, infatti, fecondo e
operoso spazio di crescita umana, spirituale e professionale, ambiente di
scambi professionali e di comune progettualità. Sarebbe auspicabile che in ogni
nazione, con l’adeguato e significativo sostegno delle Conferenze Episcopali,
sorgessero delle associazioni di dirigenti e docenti cattolici che operano sia
nelle scuole cattoliche sia in altri tipi di scuola. Sarebbe un ottimo servizio
per la comunità ecclesiale e per le stesse comunità scolastiche, nonché per
ogni educatore. Il Decreto Conciliare “Apostolicam Actuositatem” evidenzia,
infatti, la ricchezza, per la Chiesa, di varie forme “apostolato associato”[10].
Un
arcobaleno di culture
Una delle sfide prioritarie è la composizione multiculturale delle
odierne società, bene evidenziata dal recente documento della Congregazione per
l’Educazione Cattolica “Educare al
dialogo interculturale nella scuola – Vivere insieme per una civiltà dell’amore”[11]. Il dirigente e/o l’insegnante cattolico è
chiamato a promuovere il dialogo, a favorire la convivenza fra le diverse
espressioni culturali, ad incoraggiare rapporti di reciproco rispetto, ad
aiutare a superare pregiudizi, ad orientare perché venga messo in luce ciò che
è “buono, bello e vero”, a creare occasioni di confronto che stimolino il
reciproco arricchimento e l’armonia, a promuovere e sostenere progetti
educativi che aiutino la comunità scolastica a realizzare idonei percorsi di
dialogo interculturale. Ciò, naturalmente, senza abdicare alla propria
identità.
L’educatore cattolico è l’uomo dell’ascolto e del discernimento. “Se vogliamo
adottare un criterio opportuno dal quale lasciarci guidare per compiere un
discernimento evangelico, dovremo coltivare due attenzioni tra loro
complementari anche se, a prima vita , contrapposte. Di entrambe ci è testimone
Gesù Cristo. La prima consiste nello sforzo di metterci in ascolto della cultura del nostro mondo, per discernere
i semi del Verbo già presenti in essa, anche al di là dei confini della Chiesa.
Ascoltare le attese più intime dei nostri contemporanei, prenderne sul serio
desideri e ricerche, cercare di capire che cosa fa ardere i loro cuori e cosa
invece suscita paura e diffidenza, è importante per poterci fare servi della
loro gioia e della loro speranza. Non possiamo affatto escludere, inoltre, che
i non credenti abbiano qualcosa da insegnarci riguardo alla comprensione della
vita e che dunque, per vie inattese, il Signore possa in certi momenti farci
sentire la sua voce attraverso di loro.
….. Vi è un Dio ignoto che abita nei cuori degli uomini e che da essi è
cercato!”[12]
Al
servizio dei più deboli
L’insegnante cattolico nella comunità scolastica e
nell’ambiente in cui vive ed opera ha particolare attenzione per i più deboli, per gli emarginati, per i “poveri”[13]. Di fronte alla precarietà in cui vive la
maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo, come pure di fronte
alle fragilità spirituali e morali di tante persone, in particolare i giovani;
di fronte alle migliaia di migranti che chiedono accoglienza ed asilo; di
fronte alle molteplici vittime di violenza o ai numerosi giovani intrappolati in percorsi
di droga, alcool, gioco ….., come comunità cristiana e come singoli educatori,
ci sentiamo interpellati ad essere soggetti
protagonisti e attivi nel vivere e testimoniare un servizio caratterizzato da gratuità e dono”, perché nessuno si senta escluso, perché alla logica della
competitività si sostituisca la logica del servizio, della condivisione, della
solidarietà[14].
E’ questo un tema sul quale Papa Francesco insiste
sovente. Lo scorso 9 maggio così diceva: ”Si
tratta di sfidare tutte le forme d’ingiustizia, opponendosi all’economia dello
scarto e alla cultura della morte”[15]. Questa costante
attenzione ai più deboli, ai fattori di emarginazione e di esclusione, matura
la sensibilità dei singoli docenti e della comunità scolastica nei confronti di
chi ha bisogno, favorisce la virtù della carità, stimola l’insegnante a farsi
promotore d’iniziative di aiuto, di sostegno, di accompagnamento perché sia
salvaguardata la dignità di ogni persona e ad ogni alunno sia garantito il pieno successo formativo.
A proposito, è opportuno rilevare che la
disuguaglianza socioculturale esiste già prima di andare a scuola ed è solo
parzialmente attutita dalla prescolarizzazione e la dispersione scolastica è un
fenomeno molto diffuso[16]. Perciò rafforzare le
competenze degli insegnanti e degli stessi dirigenti al fine di migliorare la
qualità del servizio scolastico agli alunni con speciali bisogni educativi è
oltremodo necessario.
Una
comunità scolastica ove vige il ben-essere e si dà senso al quotidiano operare
Il clima affettivo-relazionale della classe e della
scuola, una didattica di qualità, la scelta dei contenuti e dei percorsi d’insegnamento-apprendimento,
la vita quotidiana della scuola, idonee forme organizzative, la gestione dei
tempi e degli spazi, adeguate strategie [17], iniziative volte a
prevenire e a superare ogni forma di disagio, la formazione permanente degli
insegnanti e degli stessi dirigenti, la cooperazione tra i docenti e con le
famiglie, nonché con la comunità locale, stimolano la comunità scolastica ad essere
luogo a misura degli alunni, accogliente, aperto a tutti, e di promozione
culturale e sociale. Perciò, l’insegnante cattolico sa prendersi cura di se stesso, degli altri, dell’ambiente, di Dio.
Prendersi cura, cioè sapersi fare carico, sostenere, cercare e donare il
meglio, essere umile ma significativo punto di riferimento per gli alunni, i colleghi, la comunità, le famiglie.
Il docente cattolico è promotore, sostenitore e testimone
del bello, del buono e del vero. Egli,
con la sua responsabile, intelligente, competente, operosa presenza nella
classe e nella comunità scolastica, aiuta colleghi ed alunni a dar senso al
loro progettare e al loro operare, ad interrogarsi ed orientarsi per i
complessi sentieri della conoscenza e della vita[18]. Egli presta attenzione ad un uso corretto dei
saperi disciplinari affinché sia evitata ogni frammentazione, ogni
strumentalizzazione, ogni sterile nozionismo e siano, invece, privilegiati percorsi interdisciplinari che favoriscano
la continuità dell’apprendere, una dinamica interazione tra i saperi e tra i
docenti per una promozione integrale di ogni persona nell’ottica di un apprendimento
che duri tutta la vita e per una comunità scolastica accogliente, vivace, significativa, aperta al mondo.
Le discipline, infatti (lo sappiamo bene), sono
strumenti per indagare la realtà, per stabilire relazioni, per sviluppare
poteri critici, per assumere comportamenti responsabili come persone e come
cittadini. Papa Francesco ricorda ad ogni insegnante “che educare non è soltanto trasmettere conoscenze e contenuti. Esso
implica altre dimensioni: trasmettere
contenuti, abitudini e senso dei valori; le tre cose insieme”[19]. Insegnare è, infatti,
educare alla vita buona, educare alla gioia di vivere “per e con” gli altri,
promuovere vera libertà e pienezza di vita.
Le dimensioni dello stupore[20], della contemplazione[21], dell’introspezione vanno
coltivate sia dallo stesso insegnante sia dagli alunni. E’ necessario educare
l’interiorità per evitare che l’educazione ceda alla logica del mercato e
distrugga l’uomo. E’ questione di responsabilità nei confronti di se stessi e
del mondo: “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”,
diceva il santo papa Giovanni Paolo II.
L’insegnante cattolico, con il suo quotidiano
impegno e la sua matura capacità di discernere, opera e vigila perché la scuola
non ceda a logiche tecnocratiche ed economiche e a tentativi di
strumentalizzazione, nel rispetto “degli
studenti nella loro integralità, sviluppando una molteplicità di competenze che
arricchiscono la persona umana, la creatività, l’immaginazione, la capacità di
assumersi delle responsabilità, la capacità di amare il mondo, di coltivare la
giustizia e la compassione. La proposta dell’educazione integrale, in una
società che cambia così rapidamente, esige una riflessione continua capace di
rinnovarla e di renderla sempre più ricca di qualità …. Non va mai dimenticato
che gli alunni hanno bisogni specifici, spesso vivono situazioni difficili, e
meritano un’attenzione pedagogica adeguata alle loro esigenze”[22].
Etica ed
utopia, memoria e discernimento
L’educatore cattolico è attento alla dimensione etica dell’insegnare. In una
società sempre più multiculturale è necessario –senza tradire la propria
identità e il personale radicamento nel messaggio evangelico- “costruire una nuova etica mondiale,
condivisa da credenti e on credenti. Le priorità sono rappresentate dalla
dignità di ogni persona, soggetto e non oggetto-merce nell’economia, nella
scienza, nella democrazia; da uno sviluppo che unisca qualità sociale e
sostenibilità ambientale da uno sviluppo che unisca qualità sociale e
sostenibilità ambientale; dalla non violenza che, insieme alla giustizia, può
realizzare un avvenire di pace”[23].
L’insegnante cattolico sa bene che ogni progetto educativo, ogni
disciplina, ogni didattica, ogni relazione, ogni forma organizzativa ha una
dimensione etica, che però “non è
soltanto etica della giustizia o della sopravvivenza, ma un’etica del bene, dove per bene si
intende la piena realizzazione di tutte le capacità dell’uomo, la sua fioritura
completa, la sua pienezza (fulfilment). Ciò naturalmente implica una
disponibilità alla trasformazione dell’esistente, un impegno politico a favore dell’emancipazione
(non solo della conservazione), una certa dose di ottimismo ed anche di utopia (senza la quale non si fa la storia)”[24].
La buona
gestione dell’utopia sta a cuore a papa Francesco. “saper gestire l’utopia, ossia saper guidare e aiutare a crescere l’utopia di un giovane,
è una ricchezza. Un giovane senza utopia è un vecchio precoce …. Un’utopia
cresce bene se è accompagnata da memoria e discernimento. L’utopia guarda al
futuro, la memoria guarda al passato, e il presente si discerne. Il giovane
deve ricevere la memoria e piantare, radicare la sua utopia in quella memoria;
discernere nel presente la sua utopia – i segni dei tempi – e allora l’utopia
va avanti, ma radicata nella memoria e nella storia che ha ricevuto, e già
proiettata verso il futuro. Allora l’emergenza educativa ha già un alveo per
muoversi e partire da ciò che è più proprio dei giovani, cioè l’utopia”[25].
Prendere iniziativa, per una cultura
“piena”
La scuola è
luogo di cultura, ove si apprende a comprendere se stessi e il mondo e si
promuove la cittadinanza attiva, si percorrono sentieri di giustizia e pace, si
acquisiscono buone abitudini e - guidati da buoni insegnanti- si maturano
capacità progettuali, operative, riflessive
e cooperative. Perciò la scuola lotta ogni forma di analfabetismo. Purtroppo, sovente con la scusa
della”laicità”, molti ragazzi crescono analfabeti dal punto di vista
religioso. Il recente Rapporto
sull’analfabetismo religioso in Italia e nell’Occidente evidenzia,
drammaticamente, un grave vuoto non solo religioso ma anche culturale. I
cattolici sono chiamati a “primerear”
(uso un neologismo di provenienza spagnola, utilizzato da papa Francesco), cioè
ad assumere l’iniziativa. In quali
direzioni va presa questa iniziativa? Il Rapporto ne individua
tre: l’ambito scolastico, quello della produzione legislativa sulla libertà
religiosa e l'ambito della ricerca universitaria che attiene alle "scienze
religiose". [26] Non è problema di
catechesi o di pratiche religiose da vivere in contesti scolastici, ma di cultura religiosa [27]
che (interagendo con gli altri ambiti
del sapere scolastico) aiuta a leggere e comprendere i fatti e i fenomeni
religiosi (in particolare dell’ambiente in cui si vive) e a non cadere vittima
di pregiudizi, di stereotipi, di varie forme di integralismo, favorendo il
dialogo interreligioso e la cooperazione al fine della pacifica convivenza e
della promozione del bene comune [28]. In questo senso l’opera
degli insegnanti cattolici nei confronti degli alunni, della comunità
scolastica e delle stesse famiglie è molto opportuna.[29]
L’insegnante
cattolico è promotore di dialogo, di
coraggio, di passione educativa; esercita l’arte dell’orientamento, della comprensione,
della collaborazione, della pacificazione, dell’incoraggiamento, della valorizzazione. E’ persona di misericordia e di lungimiranza. Testimonia la sua apertura al mondo[30], la sua coerenza, il suo
spirito di servizio, il suo impegno per la formazione continua. Non intendo
riferirmi solo agli insegnanti, ma anche ai dirigenti scolastici. Le ricerche
internazionali evidenziano che l’opera di questi ultimi risulta fondamentale
per la promozione di comunità scolastiche significative, per l’attuazione di
adeguati percorsi di formazione continua, per l’orientamento, l’accompagnamento
e il sostegno al quotidiano impegno dei
docenti.
Nel contempo risulta benefica una vivace presenza delle comunità
ecclesiali a fianco dei docenti cattolici delle scuole del territorio, nonché
la presenza di associazioni professionali di docenti e dirigenti cattolici e la
loro interazione con le istituzioni scolastiche.
Animare
l’educazione familiare
Nell’attuale contesto educativo, in cui le famiglie
sono fragili e variegate, con legami talora deboli e conflittuali che
disturbano la crescita dei figli, l’opera dell’insegnante risulta molto utile.
Egli può promuovere percorsi d’interazione con le famiglie e svolgere il ruolo
di insegnante-animatore di educazione familiare. Non è il maestro dei genitori,
ma persona che condivide un cammino.
A tal fine è opportuno che l’insegnante maturi
“capacità riflessive e consapevolezza di
sé pari al quelle delle altre figure
professionali che operano nei contesti educativi; nonché una forte motivazione
a mettersi in gioco individualmente e nelle relazioni con il resto del gruppo
con il quale condivide la formazione. Questo passo risulta decisivo per
chiedere ai genitori di fare altrettanto a scuola. Come può, infatti, un
docente farsi promotore di un percorso di sostegno alla genitorialità senza
essersi prima interrogato sulla propria idea di famiglia, sui propri valori,
sulle proprie pratiche educative?”[31]
Una
formazione permanente, che sa rigenerarsi per essere feconda
L’insegnante cattolico, anche se opera nella scuola
non “cattolica”, è persona in cammino che opera in comunità. Perciò è attento
alla sua continua formazione: è un diritto ma anche un dovere. Infatti, per
vivere degnamente il suo ruolo sono necessarie alcune competenze ed attitudini
da coltivare nella quotidianità. Il Prefetto della Congregazione per l’Educazione
Cattolica, S. E. il card. Grocholewsky, li sintetizza in: intelligenza pedagogica (comprensione della realtà, delle
potenzialità dell’alunno …); coscienza
pedagogica (connotazione etica della sua professione, deontologia
professionale …); vocazione specifica
(vivere in armonia con la professionalità); coerenza (fede, speranza, carità);
comunione (relazionalità positiva); dialogo. “L‘educatore cattolico è colui che
realizza la sua missione, vivendola nella fede e come vocazione. La fede dà
forza ai valori in cui crede e favorisce la formazione integrale della persona,
mediante il dialogo e la testimonianza, lasciando intatta e rafforzando la
libertà dell’educando e dell’educatore”[32]. Il recente documento
della Congregazione per l’Educazione Cattolica mette in risalto
l’indispensabilità della continua formazione degli insegnanti. Così, infatti,
recita:” Nel contesto culturale odierno,
la formazione degli insegnanti è determinante e richiede un rigore e un
approfondimento, senza i quali il loro insegnamento sarebbe considerato poco
credibile, poco affidabile e pertanto non necessario. Tale formazione è urgente”[33]. L’insegnante cattolico,
ovunque egli operi, deve sentire questa esigenza e – ove è opportuno- deve
sapersi fare promotore di iniziative volte a rafforzare la professionalità dei
colleghi e a sollecitare la comunità scolastica. Nel contempo, la comunità
ecclesiale, in collaborazione con le associazioni professionali (il cui
specifico scopo è l’essere luogo privilegiato di formazione continua e di
confronto per dirigenti e docenti), deve incoraggiare e sostenere adeguati
percorsi formativi per i docenti, al fine di favorire la maturazione umana,
spirituale, professionale.
Un
educatore guidato dallo Spirito
L’insegnante
cattolico, pur se opera in realtà ostili e sperimenta la solitudine, sa di non
essere solo. Il Signore lo orienta, accompagna e sostiene[34]. Sa interagire con gli
altri per condividere percorsi adeguati al servizio educativo che è chiamato a
svolgere, apporta il suo generoso e qualificato contributo alla comunità
ecclesiale, sociale, scolastica e alla stessa vitalità dell’associazione
professionale. E’ persona intelligente
ed operosa: "Non si tratta qui dell'intelligenza umana,
della capacità intellettuale di cui possiamo essere più o meno dotati. - ha
spiegato - È invece una grazia che
solo lo Spirito Santo può infondere e che suscita nel cristiano la capacità di
andare al di là dell'aspetto esterno della realtà e scrutare le profondità del
pensiero di Dio e del suo disegno di salvezza"[35].
La fede aiuta ogni
educatore cattolico a vivere il suo servizio educativo - ovunque egli opera- esercitando le virtù della speranza e della
carità. “La fede è –infatti- luce che
viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di
là del nostro io isolato verso l’ampiezza della comunione”[36].
Perciò, sa essere testimone di gioia [37] e vivere la gioia
dell’appartenenza cristiana.
Mi piace
definirlo “testimone delle beatitudini
evangeliche[38],
le beatitudini vissute e testimoniate nella quotidianità del servizio
scolastico svolto con e per gli altri.
*Giovanni Perrone
Segretario Generale
UMEC – WUCT
Dirigente scolastico in
scuola statale
Dirigente AIMC –
Associazione Italiana Maestri Cattolici Italiana
[1] Papa Francesco alla scuola italiana.
Roma, 10 maggio 2014
[2] Cfr. Dichiarazione Universale Diritti
dell’Uomo
[3] “La missione della
scuola è di sviluppare il senso del vero, il senso del bene e il senso del
bello. E questo avviene attraverso un cammino ricco, fatto di tanti
“ingredienti”. Ecco perché ci sono tante discipline! Perché lo sviluppo è
frutto di diversi elementi che agiscono insieme e stimolano l’intelligenza, la
coscienza, l’affettività, il corpo, eccetera”. Papa Francesco alla scuola
italiana, Roma, 10 maggio 2014.
[4] Educare al dialogo interculturale
nella scuola cattolica (2013); Educare oggi e domani, Una passione che si
rinnova (2014)
[5] Gravissimum Educationis, 1
[6] Gravissimum Educationis, 1
[7] Gilles Routhier, Convegno “Tra il sacro e la cultura”, Università
Cattolica, Milano, maggio 2014, in Avvenire,
14.05.2014
[8] Congregazione per l’Educazione
Cattolica, Educare oggi e domani,
II,1, 2014
[9] Intervento
del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il
Dialogo interreligioso, nel corso del seminario sul dialogo interreligioso Religione e violenza,
Petra University di Amman, Giordania, 13 maggio 2014
[10] “ I fedeli esercitino il loro
apostolato accordandosi su uno stesso fine … L’apostolato associato è di grande
importanza perché … richiede di essere esercitato con azione comune … Nelle
attuali circostanze, poi, è assolutamente necessario che nell’ambiente di
lavoro dei laici sia rafforzata la forma di apostolato associata ed
organizzata, poiché solo la stretta unione
delle forze è in grado di raggiungere pienamente tutte le finalità
dell’apostolato odierno e di difenderne validamente i frutti … Le
organizzazioni internazionali cattoliche raggiungono meglio il proprio fine se
le associazioni che ne fanno parte e i loro membri sono più intimamente uniti ad esse …. Il sacro
Concilio raccomanda vivamente queste istituzioni … E’ per essa (la Chiesa) di
grande gioia veder crescere sempre più il numero dei laici che offrono il
proprio servizio alle associazioni e alle opere di apostolato, sia nella
propria nazione sia in campo internazionale”. Apostolicam Actuositatem, 18-22
[11] “La composizione multiculturale delle
odierne società, favorita dalla globalizzazione, è divenuta un dato di fatto.
La presenza simultanea di culture diverse rappresenta una grande risorsa quando
l’incontro tra differenti culture viene vissuto come fonte di reciproco
arricchimento. Può anche costituire un problema rilevante, quando la
multiculturalità viene vissuta come minaccia alla coesione sociale, alla
salvaguardia e all’esercizio dei diritti dei singoli o dei gruppi. Non è facile
la realizzazione di un rapporto equilibrato e pacifico tra culture preesistenti
e nuove culture, spesso caratterizzate da usi e costumi che sono in contrasto.
…. L’educazione si trova ad essere impegnata in una sfida centrale per il
futuro: rendere possibile la convivenza fra la diversità delle espressioni
culturali[11]
e promuovere un dialogo che favorisca una società pacifica. Tale itinerario
passa attraverso alcune tappe che
portano a scoprire la multiculturalità nel proprio contesto di vita, a superare
i pregiudizi vivendo e lavorando insieme, ad educarsi “attraverso l’altro” alla
mondialità ed alla cittadinanza. Promuovere l’incontro tra diversi, aiuta a
comprendersi reciprocamente, ma non deve far abdicare alla propria identità. ….
E’ grande la responsabilità delle scuole, che sono chiamate a sviluppare nei
loro progetti educativi la dimensione del dialogo interculturale. Si tratta di
un obbiettivo arduo, difficile da raggiungere, ma necessario. L’educazione, per
sua natura, richiede apertura alle altre culture – senza la perdita della
propria identità – e accoglienza dell’altro, per evitare il rischio di una
cultura chiusa in se stessa e limitata. Da “Educare al dialogo interculturale
…”, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2013
[12] “Comunicare
il vangelo in un mondo che cambia”, Orientamenti pastorali dell’Episcopato
Italiano per il primo decennio del Duemila, 2002, n.34
[13] “Dalla nostra fede in Cristo fattosi
povero, e sempre vicino ai povero e agli esclusi, deriva la preoccupazione per
lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società. Ogni cristiano e ogni
comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la
promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella
società; questo suppone che siano docili e attenti ad ascoltare il grido del
povero e soccorrerlo”. Evangelii Gaudium, 186-187.
[14] Cfr. Evangelii Gaudium, 53
[15] Discorso del Santo Padre ai Membri
del Consiglio dei Capi Esecutivi per il Coordinamento delle Nazioni Unite,
Roma, 9 maggio 2014
[16] Le indagini longitudinali come, ad
esempio, l’inglese Millennium Cohort
Study dimostrano che la disuguaglianza socioculturale è già pronunciata a tre anni e
permane e si ritrova negli stessi bambini di cinque anni. …. Lo studio dell’OCSE evidenzia che siamo
ancora ben lontani dal far sì che tutti gli studenti poveri conseguano
risultati pari alla media dei punteggi degli studenti provenienti da ceti
abbienti. … I sistemi scolastici vigenti sovente risultano segreganti. Cfr.
Norberto Bottani, Requiem per la scuola,
ed. Mulino, Bologna, 2013.
[17] A proposito di tempi e ritmi scolari
è interessante il recente provvedimento ministeriale della Francia (in
attuazione dall’autunno 2014) volto a migliorare l’apprendimento e il pieno
successo di tutti gli alunni. Esso prevede una riorganizzazione dell’orario
scolastico, la programmazione di attività didattiche, di forme organizzative e
dei tempi adeguati agli alunni, in particolare a quelli in difficoltà. “Pone
gli interessi dell’alunno al centro dell’azione educativa, privilegiando
quattro aspetti: la riduzione delle diseguaglianze, la ricerca del ben-essere a
scuola, lo sviluppo di uno spirito di cooperazione” (Cfr. “Rytmes
scolaires, garder le Cap”, Documento SGES – Enseignement Catholique, France) ;
www.education.gouv.fr/rytmes-scolaires
[18] “Vogliamo prendere coscienza, insieme
a tutti gli educatori, di alcuni aspetti problematici della cultura
contemporanea – come la tendenza a ridurre il belo all’utile, la verità a
razionalità empirica, la bellezza a godimento effimero – cercando e
riconoscendo anche le domande inespresse e le potenzialità nascoste, e di far
leva sulle risorse offerte dalla cultura stessa ….. Un’autentica educazione
deve essere in grado di parlare al bisogno di significato e di felicità delle
persone …. Siamo nel mondo con la consapevolezza di essere portatori di una
visione della persona che, esaltando la verità, la bontà e la bellezza, è
davvero alternativa al senso comune”. Educare alla vita buona del Vangelo,
Orientamenti pastorali dell’Episcopato Italiano per il decennio 2010-2020,
7-8.
[19] Discorso del Santo Padre Francesco ai
Membri della Pontificia Commissione per l’America Latina, 28 febbraio 2014.
[20] “Educare allo stupore è anche educare
al giusto distacco, ad uno sguardo capace di cogliere l'intero orizzonte umano
e quindi di provare la più bella e
profonda emozione che è il senso del mistero: sta qui il seme di ogni arte, di
ogni vera scienza”. Einstein
[21] “L'azione
vera è solo quella che nasce dalla contemplazione. E la vera contemplazione
porta necessariamente all'azione. Un momento chiama l'altro. Come la causa si
rivela nell'effetto. Come l'amore richiama l'amore. Vivere con l'animo del
contemplativo nel tramestio di una metropoli. Ecco l'ideale del cristiano, a
cui corrisponde costantemente un bisogno
sempre crescente: passare dal dinamismo dell'azione alla luce della
contemplazione”. J. Maritain, Azione e
contemplazione, ed. Borla
[22] Educare
oggi e domani, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2014, 1 e
[23] Vannino Chiti, Tra terra e cielo.
Credenti e non credenti nella società globale, Giunti Editore, 2014
[24] E.Berti, L’etica ha bisogno di un po’
di utopia, in Avvenire, 6 maggio 2014
[25] Discorso del Santo Padre Francesco ai
Membri della Pontificia Commissione per l’America Latina, 28 febbraio 2014.
[26] “Si può, infatti, convenire con
quanto si afferma in uno dei contributi del Rapporto stesso, e cioè
sul fatto che il contesto in cui la questione dell’analfabetismo religioso va
inserita è «la dissociazione tra elementi culturali e [elementi] religiosi e la
conseguente difficoltà ad apprendere e comprendere i secondi all’interno
dell’orizzonte segnato dai primi». Una dinamica che, come altri contributi
presenti nel Rapporto confermano, corrisponde
costantemente un bisogno sempre crescente: passare dal dinamismo dell'azione
alla luce della contemplazione”. J. Maritain,
Azione e contemplazione, ed. Borla
[26] Educare oggi e
domani, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2014, 1 e
[26] E.Berti, L’etica ha bisogno di un po’ di utopia, in
Avvenire, 6 maggio 2014
[26] Discorso del Santo Padre Francesco ai Membri della
Pontificia Commissione per l’America Latina, 28 febbraio 2014.
[26] “Si può, infatti, convenire con quanto si afferma in
uno dei contributi del Rapporto stesso, e cioè sul fatto che il
contesto in cui la questione dell’analfabetismo religioso va inserita è «la
dissociazione tra elementi culturali e [elementi] religiosi e la conseguente
difficoltà ad apprendere e comprendere i secondi all’interno dell’orizzonte
segnato dai primi». Una dinamica che, come altri contributi presenti nel Rapporto confermano,
appartiene dunque ai processi secolarizzanti che hanno attraversato l’intero
Occidente, e che, in una conferenza italiana di un paio di anni fa, il prof.
Gilles Routhier definiva appunto come l’incapacità delle Chiese (delle
religioni) di reagire con pertinenza all’emergere di nuove culture. Una
prospettiva, questa, che, coerentemente con quella evocata dal Rapporto,
indica nelle Chiese (nelle religioni) le attrici, e non solo le vittime, tanto
del diffondersi dell’analfabetismo religioso, quanto del suo contrasto”.
Mons. Nunzio Galantino Vescovo di Cassano
all'Jonio e Segretario generale della CEI. Presentazione del Rapporto
sull’analfabetismo religioso in Italia.
[27] “Perché i ragazzi debbono sapere tutto degli
dei, di Omero e pochissimo di Mosè? Perché devono conoscere la Divina Commedia
e non il Cantico dei Cantici? Insomma è legittimo e fecondo affermare che la
Bibbia ha il diritto di porsi come codice culturale…” Umberto Eco
[28] Jeremy Rifkin parla di “beni comuni
collaborativi”.
[29] Esemplare ci sembra l’esperienza delle
scuole multietniche denominate SCUOLE PER L’EUROPA, promossa dalla Chiesa
cattolica di Bosnia Erzegovina. Queste scuole sono dislocate nelle
principali città bosniache e attualmente ospitano 5000 ragazzi delle diverse
etnie e religioni e rappresentano la volontà di promuovere la convivenza e
l’educazione ai valori della pace in una terra che per effetto della propaganda
sulla intolleranza etnica ha registrato nel corso di 3 anni di guerra la morte
di 278.000 persone e la cacciata dal paese di quasi un terzo della
popolazione.
[30] “Gli insegnanti sono i primi che devono rimanere aperti alla
realtà, con la mente sempre aperta a imparare! Perché se un insegnante non è
aperto a imparare, non è un buon insegnante, e non è nemmeno interessante; i
ragazzi capiscono, hanno “fiuto”, e sono attratti dai professori che hanno un
pensiero aperto, “incompiuto”, che cercano un “di più”, e così contagiano
questo atteggiamento agli studenti. Questo è uno dei motivi perché io amo la
scuola”. Papa Francesco, Incontro con la scuola italiana, Roma, 10 maggio 2014
[31] Antonio Bellingreri, La cura genitoriale. Un sussidio per le
scuole dei genitori, ed. Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2012
[32] Card. Zenon Grocholewski, Il ruolo
dell’educatore, Intervento alla Congresso Mondiale UMEC, Roma, 158 ottobre
2008.
[33] “Educare oggi e domani, Una passione
che si rinnova”, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2014, 1j
[34] Papa Francesco,
Udienza Generale, 7 maggio 2014: Il libro dei Salmi
dice: «Il Signore mi ha dato consiglio, anche di notte il mio cuore mi
istruisce» (Sal 16, 7). E
questo è un altro dono dello Spirito Santo: il dono del consiglio. Sappiamo quanto è
importante, nei momenti più delicati, poter contare sui suggerimenti di persone
sagge e che ci vogliono bene. Ora, attraverso il dono del consiglio, è Dio
stesso, con il suo Spirito, a illuminare il nostro cuore, così da farci comprendere
il modo giusto di parlare e di comportarsi e la via da seguire. … Il consiglio
è il dono con cui lo Spirito Santo rende
capace la nostra coscienza di fare una scelta concreta in comunione con Dio,
secondo la logica di Gesù e del suo Vangelo. In questo modo, lo Spirito ci fa
crescere interiormente, ci fa crescere positivamente, ci fa crescere nella
comunità e ci aiuta a non cadere in balia dell’egoismo e del proprio modo di
vedere le cose. …… È lo Spirito che ci consiglia, ma noi
dobbiamo dare spazio allo Spirito, perché ci possa consigliare. E dare spazio è
pregare, pregare perché Lui venga e ci aiuti sempre …. . Come tutti gli altri
doni dello Spirito, poi, anche il consiglio costituisce un tesoro per tutta la comunità cristiana.
Il Signore non ci parla soltanto nell’intimità del cuore, ci parla sì, ma non
soltanto lì, ma ci parla anche attraverso la voce e la testimonianza dei
fratelli. È davvero un dono grande poter incontrare degli uomini e delle donne
di fede che, soprattutto nei passaggi più complicati e importanti della nostra
vita, ci aiutano a fare luce nel nostro cuore a riconoscere la volontà del
Signore!
[35] Papa Francesco, Udienza Generale, 30
aprile 2014
[36] Enciclica di S.S. Papa Francesco,
Lumen Fidei.
[37] “ E infine gioire. (...) Essere
persone che cantano la vita, che cantano la fede. (...) Dire la fede, vivere la
fede con gioia, e questo si chiama 'cantare la fede'. E questo non lo dico io!
Questo l’ha detto 1600 anni fa sant'Agostino: 'cantare la fede'! Persone capaci
di riconoscere i propri talenti e i propri limiti, che sanno vedere nelle
proprie giornate, anche in quelle più buie, i segni della presenza del Signore.
Gioire perché il Signore vi ha chiamato ad essere corresponsabili della
missione della sua Chiesa. Gioire perché in questo cammino non siete soli: c'è
il Signore che vi accompagna, ci sono i vostri vescovi e sacerdoti che vi
sostengono, ci sono le vostre comunità parrocchiali, le vostre comunità
diocesane con cui condividere il cammino. Non siete soli!". Papa Francesco
all’Azione Cattolica Italiana, 3 maggio 2014
[38] “La Chiesa è il popolo delle
beatitudini, la casa dei poveri, degli esclusi e dei perseguitati, di coloro
che hanno fame e sete di giustizia … La fraternità e la solidarietà universale
sono connaturati alla sua vita e alla sua missione nel mondo e per il mondo”.
Papa Francesco alle Pontificie Opere Missionarie, Roma, 9 maggio 2014
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