I TRE SORRISI
“Un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una
faccia da funerale". La provocazione di Papa Francesco non è una battuta
casuale e l'idea che i cristiani appaiano tristi non è nuova: “Dovrebbero
cantarmi dei canti migliori, perché io impari a credere nel loro Salvatore!
Bisognerebbe che i suoi discepoli avessero un aspetto più da gente
salvata", diceva Nietzsche.
Ma come si fa a sorridere quando le preoccupazioni, il
lavoro, i piccoli contrattempi e i grandi dolori sono così seri nella vita?
Il primo sorriso
è quello fondamentale: ride colui che sta nei cieli, dice la Bibbia. E ancora:
la gioia del Signore è la vostra forza. È il sorriso di Dio. La gioia con cui
il Creatore contempla ogni sua creatura è il fondamento solido della serenità e
della pace di ognuno di noi. Ma non è irriverente pensare che Dio, il Signore
dell'universo, sorrida? “Dio deve amarci tanto più in quanto ridestiamo il suo
senso dell'umorismo", dice un personaggio creato da Ray Bradbury. “Non
avevo mai pensato al Signore come a un umorista", gli viene ribattuto. La
risposta è folgorante: “Il creatore dell'ornitorinco, del cammello, dello
struzzo e dell'uomo? Oh, ma andiamo!".
Il secondo sorriso
è quello con il quale guardo me stesso. Senza perdere di vista la mia umanità,
i miei limiti, che non sono necessariamente un difetto e non vanno presi troppo
sul serio. Il mio Creatore mi vuole bene così come sono, perché se mi avesse
voluto diverso mi avrebbe fatto diverso. “Saper vedere anche l'aspetto
divertente della vita e la sua dimensione gioiosa – disse una volta Benedetto
XVI – e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto
importante, e direi che è anche necessario per il mio ministero. Un qualche
scrittore aveva detto che gli angeli possono volare, perché non si prendono
troppo sul serio. E noi forse potremmo anche volare un po' di più, se non ci
dessimo così tanta importanza".
Sorridere è un atto di umiltà, vuol dire accettare me stesso
e il mio modo di essere, rimanendo lì dove sono in santa pace. Senza prendermi
troppo sul serio, perché “la serietà non è una virtù. Sarà forse un'eresia, ma
un'eresia molto più sensata dire che la serietà è un vizio. C'è realmente una
tendenza (una sorta di decadenza) naturale a prendersi sul serio perché è la
cosa più facile a farsi. La solennità viene fuori dagli uomini senza fatica;
invece la risata è uno slancio. È facile essere pesanti e difficile essere
leggeri. Satana è caduto per la forza di gravità" (Chesterton).
Il terzo sorriso
è conseguenza dei primi due. È il sorriso con il quale accolgo chi incontro per
caso e le persone con le quali vivo e lavoro. Con affetto e senza prendere
troppo sul serio eventuali sbagli o presunti sgarbi. Con un volto allegro.
Madre Teresa di Calcutta, ricevendo il Premio Nobel, spiazzò la platea con
questo invito: “Sorridete sempre ai vostri familiari. Regalatevi reciprocamente
il vostro tempo in famiglia. Sorridetevi".
Il vestito di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura
rivelano quello che è, insegna il Siracide. Il sorriso può essere davvero il
segno di riconoscimento caratteristico di un cristiano.
Don Carlo Marchi
Convegno Ecclesiale Firenze, maggio 2015
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