Parigi. In un libro
appena uscito il filosofo francese e l’intellettuale musulmano spesso accusato
di doppiezza si ritrovano nella difesa dei diritti dell’uomo e della donna
MORIN-RAMADAN
AU PERIL DES IDEES
L’Islam si apre al dialogo
di DANIELE ZAPPALÀ
«Tutto per me è
misterioso e metto una M maiuscola al Mistero», rivela con umiltà il celebre
teorico francese della 'complessità' ormai novantenne: «Noi aspiriamo a
un’altra vita, a un altro mondo. Riconosco questo bisogno, è anche mio, ma non
aderisco per questo a una religione e a Dio. Ecco la mia professione di fede».
L’altro, polemista di lungo corso, replica: «Mi inserisco nella tradizione
musulmana. Credo in un Dio unico e, nella mia tradizione, vi è una nozione che
raggiunge l’intuizione che lei esprime, la fitrah, l’aspirazione naturale verso
il senso, l’ideale, il Trascendente (e il suo Mistero, con una 'M', rimanda
alla trascendenza?). Si tratta di una scintilla, di una luce presente nel cuore
di ciascuno».
Nessuno o quasi si
attendeva un libro costruito su un lungo dialogo a tutto campo fra il filosofo
Edgar Morin e l’intellettuale musulmano oggi professore a Oxford Tariq Ramadan,
con origini familiari egiziane (è il nipote diretto del fondatore dei Fratelli
musulmani) e ancora recentemente bandito o quasi oltralpe a livello
istituzionale, soprattutto per la sua critica a tratti acerba della laicità
alla francese. Le dense pagine di Au péril des idées (Accettando il rischio
delle idee, Presses du Châtelet) hanno dunque già il pregio di estendere i
limiti del paesaggio intellettuale, che anche nella Francia innamorata dei
dibattiti aveva in realtà offerto negli ultimi anni degli esiti spesso scontati
al nobile e antico genere del dialogo. Di scontato, nella conversazione in
terra araba (Marrakech) fra Morin e Ramadan, c’è invece poco, anche perché i
due si dichiarano fin dall’inizio come pensatori in movimento. Sulla laicità,
in particolare, Ramadan riconosce: «Ho fatto un certo cammino, ho cambiato
opinione e sono giunto alla conclusione che in Francia ci occorre una laicità
applicata alla lettera e nel suo spirito, completamente e in modo egualitario.
I musulmani non hanno alcun problema con questo». L’ex vedovo Morin, invece, ha
fatto negli ultimi anni un percorso di comprensione geograficamente opposto,
anche grazie all’influenza della sua nuova consorte, la sociologa
franco-marocchina Sabah Abouessalam, docente a Parigi e a Rabat, la quale a un
certo punto interviene nel dibattito fra uomini per chiedere frontalmente a
Ramadan cosa pensa dei diritti spesso negati alle donne nel mondo arabo-
musulmano. La risposta è chiara: «Il discorso tradizionale musulmano promuove
l’uguaglianza in termini di dignità, l’uguaglianza davanti a Dio e fa
riferimento alla nozione di 'complementarietà' sul piano sociale. Mi oppongo a
quest’approccio. In nome della complementarietà sociale, che permette
pressappoco tutto, s’instaura e legalizza la discriminazione. Il padrone e lo
schiavo, in questo schema, sono esseri complementari». Spesso accusato in
passato di una certa doppiezza intellettuale in base ai contesti in cui si
esprimeva, Ramadan afferma adesso nero su bianco che la «sua tradizione» ha
ispirato forti errori e deviazioni a livello sociale. Non è un’affermazione da
poco, se si considerano l’influenza e popolarità di cui l’intellettuale gode da
tempo nei Paesi musulmani.
Fra i maggiori nei
dello scambio, a tratti, c’è una certa tendenza di Morin e Ramadan a offrire
un’immagine sbrigativa della storia del cristianesimo, talora ai limiti della
distorsione. Ma il dialogo offre pure tanti spunti di qualità, soprattutto
quando evidenzia come dei percorsi intellettuali diversissimi possano approdare
a conclusioni sostanzialmente convergenti. Come nel caso del laicismo,
denunciato vigorosamente da entrambi. In Francia, «l’interpretazione della
laicità è divenuta febbrile e settaria», afferma Morin. L’altro acconsente e
osserva: «Con l’ideologia laicista, il serpente si morde la coda: ci si è
battuti per la diversità e la neutralità dello spazio pubblico ed ecco che la
laicità viene istituita come nuova religione che esclude tutte le altre». Con
un andamento molto aperto, il dialogo abbraccia anche tante altre questioni
chiave, come l’educazione, l’etica, l’identità, l’integrazione delle minoranze,
l’eredità coloniale, la scienza, soffermandosi pure sulla crisi israelo-
palestinese. Lo scambio si chiude significativamente con il tema del perdono,
che offre a Ramadan l’occasione per un ultimo omaggio imprevisto: «In Brasile,
dom Hélder Câmara mi ha fatto riscoprire questa nozione di amore così cara alle
spiritualità più profonde e più esigenti. L’amore è una scuola di perdono e il
perdono è la luce dell’amore». Poi, ad accogliere i dialoganti è un ristorante
italiano, in nome forse delle antiche virtù d’incontro della nostra
cucina.
Tratto da Avvenire, 4.11.2014
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